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Partito Democratico - Emilia-Romagna
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Modena, PD “Le liberalizzazioni significano più lavoro e più impresa”

29 febbraio 2012

Segnalato dal coordinamento di: Modena

La Direzione del Pd modenese ha varato un documento comune su uno dei temi più caldi del momento: le liberalizzazioni. Un fenomeno di cui il Pd rivendica la primogenitura con le “lenzuolate” Bersani-Prodi: è questa la strada giusta da percorrere per aprire nuovi spazi d’impresa, creare più concorrenza, ma anche nuove opportunità di lavoro e di tutela dei consumatori. Sul fronte del commercio.

Siamo il partito delle liberalizzazioni: le abbiamo introdotte noi, alla fine degli anni '90 e  poi con le famose “lenzuolate” del secondo Governo Prodi. In entrambe le stagioni il ministro delle riforme fu Pier Luigi Bersani, l'attuale segretario del Pd.

Abbiamo salutato positivamente il decreto Monti sulle liberalizzazioni e abbiamo chiesto di fare meglio e di più: dopo una riforma durissima delle pensioni il Governo non può dimostrarsi timido con i poteri forti e le categorie protette. Per questo abbiamo avanzato proposte concrete su banche, assicurazioni, energia, farmacie, professioni: norme ad effetto immediato per aprire nuovi spazi d'impresa e creare più concorrenza, offrire più opportunità di lavoro ai giovani e tutelare i consumatori. Abbiamo sfidato il Governo al coraggio e alla coerenza e il centrodestra a venire allo scoperto, per dimostrare ai cittadini chi sta dalla parte dei giovani e dei consumatori e chi è invece ostaggio di lobby e corporazioni.

Anche in materia di commercio non prendiamo lezioni da nessuno: la riforma del 1998 che ha liberalizzato il settore e tolto le licenze porta il nome di Bersani. E' possibile e giusto fare un passo avanti, alla luce dei cambiamenti dei consumi, dei tempi e degli stili di vita delle persone. E' un fatto positivo se i servizi e i negozi possono riorganizzare le loro aperture in modo più flessibile. Non ha più senso che sia una legge dello Stato a dire quando alzare o abbassare una serranda e spetta ai consumatori, non alla politica, stabilire di quanti e quali negozi ci sia bisogno. Su quest'ultimo criterio abbiamo anche costruito la recente programmazione provinciale del commercio. 

Proponiamo viceversa due correzioni significative alla normativa introdotta, coerenti con questi principi ma utili non solo a prevenire storture, ma a meglio accompagnare il cambiamento. Anzitutto va ripristinata la prerogativa costituzionale che affida alle Regioni la regolazione della materia commerciale: una programmazione regionale del commercio è necessaria per governare le grandi scelte e l'impatto che ne deriva sulla vita dei territori e delle città. In secondo luogo riteniamo utile ribadire che spetta ai Comuni organizzare i tempi e gli orari della città, in una chiave di grande apertura e flessibilità ma nel confronto con le rappresentanze sociali e in coerenza con l'offerta degli altri servizi. Non possiamo dimenticare infatti che in ogni esercizio commerciale ci sono lavoratori e lavoratrici, dipendenti o autonomi, che debbono poter organizzare in modo dignitoso la propria vita e quella della propria famiglia.

Siamo il partito delle liberalizzazioni ma, prima ancora, siamo il partito del lavoro: ogni cambiamento può essere considerato un passo in avanti nella misura in cui crea sviluppo, nuovo lavoro e buona occupazione. In questo senso è indispensabile un più forte confronto tra categorie, e tra associazioni e sindacati, al fine di cogliere tutte le opportunità di occupazione e di reddito che una nuova disciplina può offrire, salvaguardando i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.






Testo integrale del documento sulle liberalizzazioni

1. Il Pd ritiene le “liberalizzazioni” fondamentali per la crescita e la modernizzazione del Paese: per creare nuovo lavoro, buono e stabile e per creare nuova impresa o offrire ulteriore spazi di crescita per le imprese esistenti. Vogliamo mettere al centro il  cittadino consumatore, rompendo vecchie barriere e steccati, aprire spazi di reale concorrenza in comparti protetti e generare nuove opportunità per i più giovani.

 2. In Italia sono stati i Governi di centrosinistra a introdurre processi reali di liberalizzazione, a partire dalla fine degli anni novanta, con i provvedimenti dell'allora ministro Bersani sul commercio, i trasporti, l'energia. Bisogna continuare e per questo salutiamo positivamente i provvedimenti del Governo Monti a cui chiediamo più coraggio in settori strategici come energia, banche, assicurazioni, servizi, professioni, contrastando  le spinte corporative raccolte dal  centrodestra.

3. Per noi “liberalizzare” significa abbattere le barriere per aumentare le opportunità nel mercato che diventa concorrenziale e competitivo a vantaggio del cittadino consumatore, significa combattere situazioni di monopolio o oligopolio. Il “mercato” è l'opposto della deregulation selvaggia e della mancanza di regole: significa anzi più controlli, regole che permettano a tutti gli attori in campo di avere pari condizioni affinché  non si producano storture nel sistema a danno, di volta in volta, del consumatore, del lavoratore, dell’impresa. È necessario il rispetto della legalità, delle regole del lavoro e del fisco, la trasparenza dei prezzi, la qualità dei prodotti e dei servizi offerti.

 4. Siamo consapevoli che nella fase di trasformazione le contraddizioni si possono scaricare sui fattori più deboli – ad iniziare dal lavoro, dipendente ed autonomo, che invece vogliamo promuovere e tutelare – ci impegniamo a proseguire il nostro lavoro nelle aule parlamentari come in Regione, nelle amministrazioni locali come nel confronto con le parti sociali, per chiedere e ottenere gli adeguamenti e i correttivi via via necessari, ad iniziare proprio dal commercio .

5. Nel decreto Salva Italia è stata introdotta una norma sul commercio tesa a superare i vincoli della programmazione commerciale e quelli relativi e agli orari e ai giorni di apertura degli esercizi. Riteniamo giusto, in coerenza con la riforma Bersani degli anni ’90, compiere un ulteriore passo avanti in questa direzione.  In particolare condividiamo la necessità di svincolare la programmazione commerciale da un presunto governo pubblico della domanda e dell’offerta, così come non appare più sostenibile una disciplina nazionale che fissi giorni e orari di apertura; la stessa ripartizione tra comuni turistici e non si è dimostrata inefficace al fine di disciplinare la questione delle aperture. Il provvedimento del Governo, agendo sullo spazio della concorrenza, si muove senz’altro su un terreno proprio della legislazione nazionale, ma nel contempo rischia di deregolare eccessivamente un settore estremamente delicato per la vita delle comunità locali.

6. Noi proponiamo, a fronte di una disciplina nazionale più aperta e meno dirigista, di ripristinare la prerogativa che la Costituzione assegna in materia di commercio alle Regioni, in particolare sulla grande programmazione; al tempo stesso proponiamo di ripristinare, pur fuori dai precedenti vincoli, spazi di autonomia dei Comuni nell’organizzazione degli orari della città, di cui il commercio costituisce un fattore importante e delicato. Non convince infatti la residua potestà ordinatoria per i sindaci, circoscritta di fatto al tema dell’ordine pubblico. Chiediamo quindi che, a fronte di una normativa nazionale più aperta e meno rigida, si ponga mano ad un aggiustamento del provvedimento con il concerto della Conferenza delle regioni e delle associazioni degli enti locali. Salutiamo positivamente l'intendimento assunto dalla Regione Emilia-Romagna che muove in questa direzione, in accordo con i Comuni e le Province.

7. Ci sono festività che riteniamo in ogni caso "indisponibili" alla libera determinazione delle singole imprese, per il loro altissimo valore civile o religioso e culturale, quali il 25 aprile, il 1 maggio, il 2 giugno, il 25 dicembre, il 1 gennaio, ecc. Quelle festività insomma che meritano una salvaguardia particolare e specifica rispetto agli altri 365 giorni dell'anno e per le quali e' giusto stabilire in via generale una sospensione del lavoro.

8. Il ruolo della Regione e degli Enti Locali ha permesso in Emilia Romagna di avere nel tempo uno sviluppo della rete commerciale equilibrato: una base di partenza solida per ulteriori innovazioni. La rete commerciale e dei servizi rappresenta un fattore importante di crescita economica, per la nascita di imprese e di occupazione, un fattore di coesione sociale. La nuova programmazione provinciale inaugurata a Modena pochi mesi fa, al pari delle esperienze di concertazione realizzate nei singoli Comuni sull'organizzazione dei giorni e degli orari di apertura, rappresentano a nostro avviso una base condivisa da cui ripartire per compiere un ulteriore passo in avanti, senza arroccamenti e senza strappi. Se oggi un accordo generalizzato, in queste condizioni, appare difficile, una rivisitazione nel senso da noi indicato della normativa consentirebbe alle istituzioni locali di svolgere un ruolo più incisivo.

 9. Lo scenario dei consumi sta cambiando, sia per i nuovi stili di vita che per le nuove forme di occupazione, per la crisi economica e per la riduzione dei redditi. Inoltre, l'invecchiamento della popolazione, il rischio di abbandono di aree come la montagna, lo svuotamento di servizi di taluni quartieri periferici, i centri storici, ecc. fanno assumere al commercio una forte valenza sociale. Sostenere la rete commerciale di vicinato e nel contempo quella delle medie e grandi strutture commerciali in modo equilibrato si è dimostrata una scelta vincente. Gli enti locali, attraverso la riqualificazione urbana, hanno migliorato l’accessibilità, la gradevolezza e la fruibilità dei centri commerciali naturali (centri storici) preservando il piccolo commercio. La crisi economica impone una volta di più una politica tesa a sostenere questi obiettivi di qualità: le politiche del commercio e del turismo, della promozione territoriale e della cultura vanno progettate in assoluta sintonia e il ruolo degli enti locali, per coordinare e favorire la valorizzazione delle città e dei paesi, la cultura e l'economia del territorio, va reso se possibile più incisivo.

10. Per intercettare le nuove domande dei consumatori è necessario, anche, riorganizzare le aperture e gli orari dei negozi. Una maggiore e più flessibile apertura settimanale e oraria dei negozi rappresenta, di per sé, un fatto positivo per i consumatori, che possono trovare risposta alle nuove esigenze che nascono da una diversa organizzazione dei tempi di vita e di lavoro delle famiglie. E' quindi necessario che le imprese del commercio, dalle piccole alle grandi, accettino la sfida dell'innovazione. La competizione avverrà sul prezzo (la crisi spinge anzitutto in questa direzione), ma molto si sta giocando anche sulla qualità del servizio, sulla capacità di interpretare le nuove domande dei consumatori, sulla capacità di aggregarsi per promuovere prodotti e servizi, per zone della città, paesi e i territori. Su questi versanti si può sviluppare un più forte impegno delle istituzioni, delle associazioni di categoria e dei consorzi, per supportare le imprese del commercio a vincere le nuove sfide. Gli strumenti sono la formazione degli operatori e la ricerca di nuove risorse pubbliche e private da destinare a questo obiettivo. E' poi possibile far nascere e consolidare nuove imprese nel campo del commercio, in particolare investendo nelle nuove tecnologie informatiche.

11. Le liberalizzazioni, anche nel commercio, devono mettere al centro il tema della creazione di nuove opportunità di occupazione e nel contempo puntare ad un lavoro di buona qualità. Il Pd su questo tema c'è e vuole svolgere un ruolo. Anche in questo settore dobbiamo puntare a ridurre la precarietà, auspicando e promuovendo una omogeneizzazione delle condizioni lavorative e remunerative migliori, scongiurando viceversa fenomeni di lavoro nero o grigio. Di fronte all'ampliamento degli orari e delle aperture si pone poi il tema della conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro, in particolare per le donne. Non è una questione nuova e il problema non nasce con l'ultimo decreto. E' però vero che la nuova organizzazione delle aperture può aggravare problemi irrisolti. Per una soluzione positiva è importante che tutti gli attori facciano la propria parte. Su questo occorre approfondire il confronto tra imprese e sindacati, con un ruolo attivo degli enti locali. Il tema della Responsabilità Sociale d’Impresa, che deve essere sempre più diffuso come buona pratica, impone un passo avanti da parte di tutti, a partire dalle imprese più grandi. La grande distribuzione potrebbe offrire servizi (asili nido, spazio bimbi, servizi lavanderia, servizi collettivi per i dipendenti, etc.) per favorire i lavoratori e le lavoratrici; le politiche della conciliazione potrebbero essere declinate secondo le varie esigenze.

 12. Gli Enti Locali devono svolgere un ruolo importante di concertazione e di programmazione con le associazioni dei consumatori, con le imprese e loro associazioni e con le organizzazioni sindacali per governare i processi di liberalizzazione, con l'obiettivo di dare nuove risposte ai consumatori, sviluppare le imprese, creare nuova occupazione. Dobbiamo essere consapevoli che partendo da una nuova organizzazione del commercio si pone il tema della organizzazione della vita della città e della comunità. Per questo possiamo cogliere l'occasione per riorganizzare i servizi e gli uffici pubblici, la mobilità, le attività culturali e ricreative, la valorizzazione di nuovi saperi e competenze. Fondamentale sarà lo sviluppo della comunicazione per veicolare le informazioni sulle opportunità, usando una molteplicità di strumenti per arrivare a tutti.



Località: Modena



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