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Partito Democratico - Emilia-Romagna
  venerdi 29 marzo 2024 Partito Democratico Emilia-Romagna
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Un partito laico, democratico, federale e radicato nei territori

13 settembre 2009

Pubblicato in: Congresso 2009

Questa la trascrizione integrale dell’intervista ad Ignazio Marino, condotta da Pietro Spataro nella serata di sabato 12 settembre alla Festa del PD di Bologna.

Ieri Berlusconi ha provato a difendersi con una scena imbarazzante dalle accuse che gli stanno piovendo addosso, al cospetto di un esterrefatto Zapatero. Cosa dicono i tuoi colleghi che lavorano all’estero?
Ieri ero al Congresso mondiale dei trapianti in svolgimento qui a Bologna. I miei amici chirurghi mi chiedevano come è possibile che nel nostro Paese ancora governi Berlusconi nonostante tutto quello che sta venendo fuori. Gli ho detto che loro vedono tutto questo nelle loro tv, mentre noi lo stiamo vedendo attraverso le tv di Berlusconi.

Ma Berlusconi è davvero in declino o siamo all’ennesima illusione della sinistra?
Girando il Paese sto notando che la maggioranza delle persone non si riconosce in lui. Il Paese e queste persone devono sapere però con precisione cosa pensa il PD in proposito.

Anche Fini è intervenuto duramente contro Berlusconi. Non c’è il rischio che il centro sinistra se ne “innamori”?
Apprezzo il percorso compiuto da Fini sui temi della laicità negli ultimi anni. Nel 2001 però, durante i fatti di Genova, lui era Vice Presidente del Consiglio e responsabile della sicurezza, e noi del PD, noi di sinistra, non potremmo mai dimenticare i ragazzi massacrati di botte in quelle caserme.

Rutelli ha mandato segnali di apertura a Casini e a Fini. Cosa ne pensi?
Non mi fido di chi dice che oggi sta da una parte, ma domani potrebbe stare da un’altra. Non è con questo clima che si costruisce unità nel partito.

Tu parli molto di laicità. Cosa intendi con questo termine?
Per me la laicità non è un obiettivo, ma un metodo di lavoro per leggere la nostra Costituzione. Laicità significa che si discute con passione ed entusiasmo, proponendo le proprie convinzioni, ma anche che, finita la discussione, tutti sostengono lealmente la decisione presa.

Come va cambiata la legge sul testamento bilogico in discussione al Senato?
Andrebbe stracciata, perché non è per, ma contro il testamento biologico. Qui non è in gioco la fede delle persone, ma il rispetto della liberà di tutti di scegliere se essere curati o meno, che è sancita nello stesso articolo della Costituzione, il 32esimo, che afferma anche il diritto alla salute universale. Al Senato il PD avrebbe dovuto prendere posizione: un grande partito su temi importanti e delicati come questi dovrebbe sempre averne una, e magari per farsela potrebbe consultare quella che dovrebbe essere la nostra unica corrente, quella dei circoli.

Sei d’accordo con le adozioni per i single? E per i gay?
Ho adottato una figlia e negli Stati Uniti e ho anche conosciuto molte persone, tra cui anche single, che avevano fatto lo stesso. Fermo restando il principio del massimo interesse del bambino, penso che sia molto meglio che questi sia adottato da un single piuttosto che soffra, come purtroppo spesso accade quando non ha genitori. Per quanto riguarda i gay, prima avevo grandi perplessità, ma sempre negli Stati Uniti ho conosciuto alcuni compagni di classe di mia figlia adottati da omosessuali. Non mi sento ancora pronto per avallare questa ipotesi, ma tutti noi dovremmo rifletterci su per capire quanto possa essere dannosa per lo sviluppo dei bambino. Mai chiudere le porte a priori: questa dovrebbe essere la regola.

Nel tuo ultimo libro lodi i grandi progressi scientifici degli ultimi decenni. Ma i Parlamentari che legiferano ne sono realmente a conoscenza?
Viviamo un’epoca straordinaria: nel 1900 una donna poteva sperare di vivere in media 45 anni, oggi può pensare ragionevolmente di arrivare oltre gli 80. Ogni giorno però il progresso ci pone nuove sfide e non sempre i Parlamentari sono pronti per affrontarle. Sulla fecondazione assistita, ad esempio, si è sbagliato, perché è meglio non fare una legge, piuttosto che farla non tenendo conto della conoscenza scientifica.

Sempre nel libro, racconti diverse storie personali nel campo della sanità. Che quadro complessivo ne emerge?
In Italia, rispetto ad altri Paesi, c’è il grande vantaggio del diritto alla sanità per tutti. Si tratta di un bene enorme, da tutelare con forza oggi che il Governo attenta a diversi tipi di servizi pubblici. Allo stesso tempo c’è un problema enorme, perché in alcune aree del Paese non solo non esiste assistenza di qualità per tutti, ma solo chi ha i soldi può andare a curarsi altrove. E non è un problema solo per quelle aree, perché inevitabilmente si ripercuote anche sulle regioni chiamate ad accogliere pazienti. Occorre uno sforzo per uniformare la sanità in tutto il Pese, ma per farlo bisogna che nelle corsie entrino i professionisti che meritano, piuttosto che gli amici dei politici.

La libertà di stampa è un tema caldissimo in questi giorni. Berlusconi si è nuovamente scagliato contro alcuni giornali e Brunetta ha appena minacciato di tagliare i fondi per i registi. La libertà di espressione è davvero a rischio?
Nella classifica internazionale sulla libertà di stampa siamo scivolati al 73esimo posto su 195 e siamo definiti un Paese a stampa parzialmente libera. Siamo i fondatori dell’Unione Europea, ma se oggi chiedessimo di entrare a farne parte saremmo invitati a ripresentarci nel momento in cui avremmo una stampa libera. C’è poi un problema enorme con la tv: l’80% degli italiani si formano un’opinione guardandola, e il mezzo è di fatto controllato da Berlusconi. Il PD deve avere perciò una posizione rigorosa, cosa di cui il centro sinistra non è stato capace quando ha governato.

Cosa intendi per rigore?
Denunciare con forza questa situazione e rifiutare con forza la logica delle nomine. Basta accettare il contentino di un direttore o di un vice direttore di rete per un minuto e mezzo in più al tg della sera. Il giornalismo, come la sanità, deve essere liberato dall’influenza della politica.

Come giudichi il caso Boffo?
Si è trattato di un attacco squadrista di violenza inaudita, nella logica del colpirne uno per educarne cento. Mi chiedo quanti giornalisti oggi si prenderebbero la libertà di criticare Berlusconi sapendo che potrebbero andare incontro a conseguenze del genere. Ci tengo anche a precisare che io ho manifestato la mia solidarietà nei confronti di tutti i giornalisti, compresi quelli dell’Avvenire, che pure spesso sono stati molto critici sulle mie posizioni in materia di etica e laicità. Il diritto alla critica e alla libertà di espressione deve venire sempre e comunque prima di tutto.

Passiamo alla crisi economica: cosa occorre fare per contrastarla?
Intanto occorre dire che la crisi è molto grave, mentre Berlusconi e Tremonti continuano a negare l’evidenza e a dire addirittura che ne siamo fuori. L’altro giorno ho incontrato degli operai finiti in cassa integrazione e nei loro occhi ho letto tutta la gravità di una situazione che richiede innanzitutto un piano straordinario per venire incontro a quegli 8 milioni di persone che non arrivano alla terza settimana del mese, così come al 5% della popolazione che vive in condizioni di indigenza assoluta. Occorre un piano per sostenere il reddito, la formazione e il microcredito alle imprese. Inoltre, il PD non può accettare questa flessibilità selvaggia che permette ai datori di lavoro non solo di licenziare quando vogliono, ma anche di pagare meno i lavoratori. Bisogna lottare per un contratto di lavoro unico, a tempo indeterminato e con un salario minimo garantito: in altre parti d’Europa è già realtà.

Sei contrario al nucleare: non ci precludiamo una fonte per il futuro?
Entro il 2020 ci siamo impegnati con l’Europa a diminuire del 20% l’emissione dei gas serra e ad aumentare della stessa quota le fonti rinnovabili. Il nucleare resta l’unica alternativa a queste, ma io sono contrario intanto perché molte persone capaci e intelligenti, come il nostro premio Nobel Rubbia, continuano a dirci che non esiste un metodo sicuro per lo stoccaggio delle scorie radioattive. Inoltre, come si fa a fare una legge che contraddice un referendum popolare organizzato anni fa? Meglio puntare sulle tecnologie alternative, anche perché in questo modo potremmo sfruttare i talenti e le idee di molti imprenditori italiani.

Pensi che sia giusto limitare la liberà di alcune persone per garantire la sicurezza di tutti?
Quando è stato dibattuto il decreto sicurezza, ho sostenuto che era stupido impedire agli immigrati non in regola di farsi curare nelle nostre strutture sanitarie. Intanto la nostra Costituzione afferma il diritto alla salute non semplicemente ai cittadini, ma all’individuo, e quindi anche a chi non detiene i diritti di cittadinanza. Ma anche se si ragionasse in termini più egoistici, impedire ad un immigrato di curarsi significa esporre tutti noi a maggiori rischi di contagi ed infezioni.

Ma l’immigrazione va regolamentata o no?
Sì, ma tenendo sempre presente la dignità delle persone. Sono stato immigrato per 18 anni negli Stati Uniti, ho seguito tutti i passaggi e le regole che mi spettavano, ma mai ho dovuto passare la notte al freddo per mettermi in regola. Occorrono norme chiare e occorre anche dire che solo il 12% della nostra immigrazione arriva dal mare, mentre il resto arriva dalle frontiere terrestri. Negli USA però le forze dell’ordine dispongono delle regole e delle tecnologie adatte per contrastare questi flussi, mentre da noi non ci sono le risorse e i mezzi per farlo. Diamone alle forze di sicurezza e controlliamo meglio l’immigrazione, ma allo stesso tempo diamo i permessi di soggiorno temporanei a chi vuole cercare onestamente lavoro da noi.

Passiamo al dibattito congressuale: non è troppo introverso e chiuso negli equilibri tra le correnti?
Hillary Clinton e Obama si sono confrontati ben 26 volte in pubblico prima delle Primarie. Anche la Royal, in Francia, ha fatto diversi incontri di questo genere. Ancora oggi spero che da qui al Congresso io, Franceschini e Bersani possiamo disporre di cinquanta minuti di confronto televisivo per dire con chiarezza quali sono le nostre idee.

Preferisci un partito leggero o pesante, degli elettori o degli iscritti?
Voglio un partito radicato nel territorio, perché abbiamo perso 4 milioni di voti quando abbiamo perso il contatto con gli elettori. Non voglio però un partito diviso in correnti. Le reputo una malattia che spegne gli entusiasmi e le passioni, ostacola le idee nuove, e produce solo potere. Vorrei una sola corrente, quella dei circoli, capace di creare un partito laico, democratico, federale e radicato nei territori. Vorrei anche che ci siano precise regole di democrazia interna: i candidati alle elezioni non possono essere decisi in una segreteria a Roma.

Vuoi quindi Primarie per ogni elezione?
Ne occorrono per ogni carica elettiva, ma occorrono anche le “doparie”, per valutare quanto ha lavorato bene un Parlamentare. Vorrei anche che fosse ridotto il numero dei Parlamentari: in Italia ci sono 300 senatori per 60 milioni di abitanti, il America il rapporto è di 100 per 300. Infine dobbiamo puntare al ritorno di collegi uninominali: ognuno deve avere il diritto di scegliere una persona e un programma.

Ultimamente hai denunciato alcune anomalie del PD, dal tesseramento, ai tetti di spesa per la campagna congressuale, alle anagrafi degli iscritti. Hai ottenuto risposte?
Mi sono candidato pensando che il Congresso potesse essere una straordinaria opportunità per dare al partito una identità più definita. Nelle settimane successive ho chiesto una proroga delle iscrizioni al partito, sicuramente anche per permettere ai miei sostenitori di appoggiarmi, ma soprattutto partendo dalla convinzione che se un partito è veramente unito, l’aumento degli iscritti dovrebbe essere un bene per tutti. Quanto ai tesseramenti, ho fatto solo notare che in alcune zone della Campania ci sono più tesserati che elettori. Ora però vado al Congresso con fiducia: i circoli sono una straordinaria fonte di democrazia interna e se è vero che fino al 25 ottobre mi impegnerò in un confronto serio e rigoroso, lo è anche che dopo quella data voglio dare una mano e tutte le mie energie al Segretario democraticamente eletto, per costruire un partito unico e unito.

Prova a spiegare a un ragazzo le differenze tra te, Bersani e Franceschini?
Sarebbe facilissimo: i ragazzi vogliono risposte chiare e senza tentennamenti, e io voglio darne su temi chiave quali l’energia, l’immigrazione, la sanità, il lavoro e la cultura. Non so se anche loro potrebbero sempre permettersi di darne, visto che le loro candidature sono sostenute da personalità che la pensano anche molto diversamente tra loro su alcuni temi.

Pensi che il PD debba essere un partito di sinistra?
È esattamente per questo che mi candido.

Le inchieste di Bari toccano anche il PD? Esiste anche qui la questione morale?
Come sosteneva Enrico Berlinguer, la questione morale esiste nei partiti, e certamente ci sono commistioni preoccupanti tra la politica e alcune aree, quale la sanità ad esempio. Io al momento svolgo però un doppio ruolo: sono candidato alla Segreteria del PD, ma anche Presidente della Commissione di inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale. Evito perciò commenti di merito, ma mi limito a dire che il PD deve essere molto chiaro, dicendo ad esempio che se una persona, o anche un suo familiare, ha interessi nel mondo della sanità, non deve poter assumere cariche amministrative in quel settore. Occorre opporsi sempre e comunque a qualsiasi tipo di conflitto di interesse.

Quando è diventato Segretario, Franceschini ha giurato sulla Costituzione a Ferrara, davanti al padre. Tu cosa faresti?
Cambierei i mobili nella stanza del segretario: invece di due poltrone per l’incontro tra i capi-corrente, metterei un tavolo tondo dove darsi appuntamento ogni mattina, alle 7 e mezza, per parlare anche con passione dei problemi del Paese, ma tenendo ben presente che alle 9 occorre uscire da quella stanza sempre e comunque con una sola voce.

Ma perché un chirurgo di fama internazionale ha scelto di cambiare vita e dedicarsi a questo progetto?
Ultimamente sono tornato all’Università di Philadelphia, dove ho lavorato per tanti anni, e ho avvertito la mancanza di quegli ambienti. Tornare in Italia dopo 18 anni negli Stati Uniti è stata una scelta difficile anche per i miei familiari, ma io ho sempre pensato che se una cosa non funziona, bisogna impegnarsi con passione per cambiarla. Vivo perciò questo momento entusiasmante della mia vita con l’idea che se ci mettiamo tutti insieme, possiamo creare un partito con una identità precisa, del quale potremo andare orgogliosi, e grazie al quale potremo cambiare l’Italia.


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Commenti: 1
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bravo Marino, chiaro e concreto, l'energia, l'immigrazione, la sanità, il lavoro e la cultura. speriamo che altri imparino il tuo stile

Scritto da Giulio in data 13 settembre 2009 alle 19:03



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