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Fiom, ristabilito il principio di civiltà giuridica

5 luglio 2013

Pubblicato in: Attualità

Per intendere il senso della pronuncia della Corte Costituzionale che secondo la vulgata giornalistica “ha dato torto alla Fiat” è sufficiente seguire un ragionamento di semplice logica (non solo) giuridica. “L’organizzazione sindacale è libera” recita l’art.39 primo comma della Costituzione: la formula volutamente ampia e polisensa viene adottata in esplicita rottura con il regime corporativo-fascista. Significa che né lo Stato né le imprese possono limitare l’attività sindacale che si svolge in forme legittime (proselitismo, rivendicazione, contrattazione, conflitto). Il principio contiene in nuce il divieto di discriminazioni e vale sia sul piano collettivo che individuale, essendo evidente che licenziare un lavoratore per motivi sindacali equivale a limitare la stessa libertà dell’organizzazione.

Tuttavia com’è noto bisogno aspettare lo Statuto dei lavoratori del 1970 per vedere realizzati oltre la garanzia della libertà il sosegno ovvero la promozione della della attività sindacale in azienda attraverso il riconoscimento dei diritti sindacali in luoghi di lavoro. Il passaggio dalla “libertà” al “sostegno” implica un criterio selettivo, essendo ovvio che non è possibile attribuire il diritto alle assemblee nei luoghi di lavoro, ai permessi sindacali retribuiti e non, all’uso di locali ecc. ad ogni micro-organizzazione priva di effettiva rappresentatività.

L’articolo 19 dello Statuto nell’attribuire ai lavoratori il diritto a costituire rappresentanze sindacali aziendali individuò due criteri: le rsa potevano essere costituite nell’ambito delle confederazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale ovvero, in subordine, dei sindacati firmatari di contratti collettivi applicati in azienda.

Un referendum svolto nel 1995 e mosso dall’intenzione di ampliare il campo applicativo della norma cancellò il primo criterio e lasciò vivere solo il secondo, con effetti virtualmente paradossali. Infatti, stando a una interpretazione puramente letterale della norma, i lavoratori aderenti a un sindacato che ha sempre partecipato alla contrattazione in quell’azienda e da sempre è stato pacificamente riconosciuto dall’impresa come interlocutore rappresentativo, perderebbero il diritto a costituire la rsa se il loro sindacato decidesse di non sottoscrivere un contratto dissentendo dal suo contenuto. Per quasi vent’anni questa ipotesi è stata ritenuta appunto virtuale, di scuole, essendo ovvio che per questa via si commetterebbe una conclamata violazione della libertà sindacale: quale libertà può esservi se si è costretti a firmare un contratto da cui si dissente solo per poter fruire dei diritti sindacali, quale libertà, quale diritto può nascere da un atto di costrizione?

Tuttavia proprio questo è accaduto alla Fiat: la Fiom-Cgil, dopo essere stata protagonista assieme agli altri sindacati per oltre un cinquantennio, nell’epoca dei Valletta e dei Romiti, delle relazioni contrattuali alla Fiat viene esclusa dalla rappresentanza aziendale e dai diritti sindacali perché non ha sottoscritto gli accordi dell’era Marchionne. Non occorreva essere fini giuristi per prevedere che la Corte costituzionale non sarebbe stata insensibile di fronte all’enormità di questo vulnus. Sicchè è singolare che ci si stupisca. Sarebbe stato stupefacente ed allarmante il contrario, specie in un periodo in cui si maneggia con inquietante disinvoltura il tema costituzionale e spesso si smarriscono i confini tra i principi fondamentali, da preservare ed anzi valorizzare, e la parte meramente ordinamentale.

Occorrerà naturalmente leggere le motivazioni della sentenza per meglio comprendere in che senso la Corte ritiene essenziale il requisito della partecipazione alle trattative nella fase pre-contrattuale come necessaria integrazione del contenuto dell’articolo 19, essendo altresì ovvio che non sarà sufficiente omettere l’invito alla Fiom o ad altri sindacati effettivamente rappresentativi a partecipare alle trattative, com’è accaduto nel recente rinnovo (separato) del contratto nazionale del settore metalmeccanico, per poi escluderli dalla fruizione dei diritti sindacali. Ma intanto si è riaffermato un principio di civiltà giuridica. Un buon passo, in attesa di quella legislazione attuativa della seconda parte dell’articolo 39 costituzionale in materia di regole della contrattazione, tanto attesa quanto necessaria, e ora resa più agevole dall’accordo interconfederale unitario dello scorso 31 maggio. 




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