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Bersani: "Noi siamo con gli italiani"

23 marzo 2012

Pubblicato in: Dichiarazioni

"Queste giornate della Assemblea degli amministratori sono il punto di partenza della battaglia elettorale che rappresenta il primo e più importante appuntamento prima delle prossime elezioni politiche”. Così il segretario Pier Luigi Bersani ha aperto la sua relazione conclusiva dei lavori della Seconda Assemblea Nazionale degli amministratori del PD a Genova.

“Penso che esista un tratto comune sia per le città che andranno al voto sia per quelle che non andranno. Oltre a fare il sindaco, bisogna essere sindaco. C'è un momento di straniamento, di sbandamento e grave disagio soprattutto tra gli strati popolari profondamente colpiti dalla crisi. Gli amministratori devono fare i conti con questa situazione, che i nodi sono arrivati al pettine dopo un ciclo economico e politico segnato dalle destre in Italia e in Europa”.

Siamo giunti alla fine di un ciclo economico e politico segnato dalle destre in Europa e in Italia. “Nell‘ultimo decennio le destre in Europa hanno vinto puntando sulla paura, sul ripiegamento e l’individualismo. Hanno puntato sull’idea che ci si possa salvare da soli ignorando che alla fine i guai saranno per tutti. Questo è stato il modello delle destre, il modello del populismo. Ci hanno detto che l’Europa era nelle condizioni migliori. Ora è l’Europa il problema! Con il modello populista ci siamo trovati ad affrontare la crisi greca: il cattivo deve pagare perché il buono deve salvarsi.

In Italia lo stesso modello ha governato 8 degli ultimi 10 anni. Noi abbiamo esperimentato la proposta populista nella sua purezza e l’abbiamo pagata a caro prezzo andando in recessione il doppio degli altri. Ci hanno raccontato che i conti erano a posto. Ma resta ancora una domanda da rispondere: di tutto questo è responsabile solo Berlusconi e la Lega? C’è un pezzo di società che ha fatto finta di credere a questo modello perché pensava di salvarsi da solo!”

Davanti alla scelta se andare avanti con Berlusconi fino ad arrivare al livello greco o sostenere il governo Monti, abbiamo fatto un gesto di responsabilità e di generosità: noi non vogliamo vincere sul disastro del Paese, questa è stata la nostra risposta. Ora è in atto un tentativo di sbiadire la memoria e per questo che solo noi del PD possiamo rivendicare il diritto di poter criticare l’azione del governo. Pdl e Lega devono stare zitti. Non azzardatevi a parlare.

I cittadini vengono da noi per raccontarci i loro problemi e io sono contento di questo e delle responsabilità che ne derivano. La fase che viviamo è il vero battesimo del PD, il partito che nelle difficoltà sa tenere la barra e dare soluzioni ai problemi del paese. Noi teniamo botta e diciamo le nostre idee ricordando che queste vanno sempre inquadrate nella dimensione europea.

Lavoro: "Noi siamo un partito di governo, non si può pensare che facciamo le cose in nome di un sindacato o di un altro. Siamo un partito con una propria idea e una propria linea”. Sull’articolo 18 “leggo sui giornali di un Bersani isolato, desolato... io sono tranquillissimo, il PD sta con gli italiani”. Quella della riforma del mercato del lavoro è una materia complessa, bisogna conoscerla bene.
“Capisco che qualcuno è arrivato a trattarla senza averla praticata molto. Noi siamo contenti che si tolgano i licenziamenti in bianco. Siamo contenti e non per niente questa è la norma Damiano (successivamente cancellata dal governo Berlusconi). Lo dico io, perché il governo non lo dirà. E allora mi tocca dirlo così: ritorna la norma Damiano".

"Noi pensiamo al futuro non al passato", ha insistito Bersani, "e quando pensiamo al futuro pensiamo a chi vogliamo assomigliare. Tutto il mondo dice che la Germania va benissimo, poi quando è ora di dire 'cerchiamo di assomigliare ai tedeschi', mi dicono 'assomigliamo agli americani'”. Ma su questo il leader del Pd non transige. "No, io sto qui in Europa, non intendo spostarmi dall'Europa".

Enti locali: La cultura del centralismo è più dura del marmo. Sento anche io la necessità di una maggiore cultura dell’autonomia. Quando si stava costruendo il governo Monti ho proposto che tra le personalità scelte ci dovessero essere persone che avessero avuto una esperienza nelle amministrazioni locali.

Il centralismo ha una radice culturale molto profonda: l’unità d’Italia è stata anche l’opera di una centralizzazione violenta che ha oscurato tutte le visioni federali. Una centralizzazione che è rimasta sempre nell’aria. La cultura autonomista popolare da Sturzo ad Andrea Costa non ha saputo tradurre le sue esperienze in una cultura nazionale autonomista. Nel 1996 c’è stato un buon tentativo di dare forza all’autonomia degli enti locali con il governo Prodi frutto di culture progressiste e cattoliche che tendevano l’orecchio alle necessità del territorio.

“Le autonomie vengono considerate come un dio minore, questo è ancora il problema”.
In nome dell’Italia sosteniamo il governo e chiediamo che ci sia una democrazia moderna dove la politica sappia riconoscere i propri limiti. Sono necessarie una legge sui partiti, una nuova legge elettorale, e far uscire i partiti fuori dalla Rai. Noi stiamo lavorando in questa direzione.

“Dobbiamo essere combattivi e ottimisti perché abbiamo i nostri punti fermi. Ho sentito qui qualcuno che diceva chi me lo fa fare a fare il sindaco? E perché il segretario del PD? Sono due le cose di cui uno non si pentirà mai nella vita: fare un figlio e fare l'amministratore”.

“Che cosa è il potere? - chiede Bersani - E' avere qualche probabilità di realizzare le cose. Avere un’idea e avere la possibilità che questa possa diventare un fatto. Fare sempre qualcosa per qualcuno e lasciare qualcosa di tuo alla proprietà indivisa del Paese”.

fonte: www.partitodemocratico.it


TAGS:
enti locali |  lavoro |  riforma del lavoro |  articolo 18 |  pier luigi bersani  | 

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