"Un riformista, un anticipatore cui dobbiamo tantissimo, uno studioso che ha dimostrato di saper leggere il futuro e che forse proprio per questo è stato barbaramente ucciso da terroristi legati a un passato sconfitto, residui fuori dal tempo che hanno privato il nostro Paese e, soprattutto i suoi famigliari, di un grande uomo". Il presidente dell’Assemblea legislativa,
Matteo Richetti, ricorda così Marco Biagi, il giuslavorista ucciso il 19 marzo 2002 a Bologna dalle Nuove Brigate Rosse. Nel decennale di quel tragico evento, Richetti partecipa al convegno sul lavoro organizzato dall’Università di Modena e dalla Fondazione Marco Biagi nella città della Ghirlandina, che vede, fra le altre, la presenza del ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri.
"Il nome di Marco Biagi è stato impropriamente associato alla nascita della precarietà, della eccessiva flessibilità occupazionale- prosegue Richetti-: un errore clamoroso. Marco Biagi ha avviato un percorso esattamente inverso, quello della riforma di un mercato del lavoro le cui rigidità siamo oggi costretti a rimuovere, per creare buona occupazione e dare un presente e un futuro ai giovani, gli obiettivi perseguiti da Marco Biagi con largo anticipo. E nelle ore in cui governo e parti sociali cercano la quadra sulla necessaria riforma del mercato del lavoro, non si può non vedere come Marco Biagi avesse ragione, ed emerge la sua figura di riformista e innovatore".
"Il mio pensiero - chiude il presidente dell’Assemblea legislativa - va poi alla famiglia del professor Biagi, alla moglie, Marina Orlandi, che in una recente intervista ha ricordato le parole del marito, minacciato dai brigatisti: ‘Eppure non posso smettere. No, proprio ora che mi trovo al momento giusto e nel posto giusto per riuscire a fare qualcosa che aiuti i disabili, le donne e chi perde il lavoro a 40 anni… No, non posso smettere’. Parole che dicono più di ogni altra cosa chi fosse Marco Biagi".