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La linea Fiat e i diritti

29 novembre 2011

Pubblicato in: Dichiarazioni

L’accordo unitario appena stipulato per la Fiat di Termini Imerese non cambia il quadro critico delle relazioni contrattuali in Fiat. Anche perché non si tratta di un accordo esaltante: lì si finanziano i pre-pensionamenti di 650 lavoratori, i quali chiedevano altro, vale a dire un vero destino produttivo per quell’area. Strani paradossi italiani: da un lato si incentivano i prepensionamenti, dall’altro si esige l’innalzamento dell’età pensionabile.

Il problematico complesso della vicenda Fiat resta comunque inalterato. Tale vicenda propone due questioni. La prima attiene alla sfera sindacale. La seconda ha carattere politico. Parto da questo secondo punto. Qui è decisivo l’incipit, quando Marchionne a Pomigliano esordisce dicendo: «O si fa così o vado in Serbia». Un governo serio a quel punto avrebbe assunto una iniziativa, comeavrebbero fatto Merkel in Germania e Sarkozy in Francia e avrebbe ricordato a Marchionne che Fiat significa “Fabbrica italiana di automobili di Torino”, che lo sviluppo della Fiat si è intrecciato con l’Italia per un secolo, che lo stato italiano ha sostenuto la Fiat in mille modi, anche finanziando generosamente la Cassa integrazione straordinaria a partire dal 1980.

Un governo serio avrebbe quindi detto: «Discutiamo, qual è il piano industriale, gli investimenti, che condizioni pone la Fiat sul piano della organizzazione del lavoro, tenendo presente che in Italia esistono regole e diritti inderogabili del lavoro». Il governo allora in carica invece ha fatto il contrario: il presidente del Consiglio ha detto
«Marchionne ha ragione», e il ministro del Lavoro si è pedissequamente adeguato arrivando al punto di mettere in legge una sanatoria degli accordiFiat sicuramente illegittima sul piano costituzionale (art. 8 l.n.148 del 2011).


La vicenda si è quindi scaricata sul piano sindacale, e qui sappiamo com’è andata con i diversi accordi “separati”. Il punto di arrivo è abnorme e obbligherebbe tutti a una seria riflessione. Fiat decide di fare un «contratto per sé». Facile a dirsi. La Fiat infatti approfitta del suo carattere monopolistico: se avesse concorrenti in Italia nella produzione automobilistica si guarderebbe bene infatti dal liquidare il contratto nazionale di lavoro che certo, per un verso, tutela i lavoratori, ma che, dall’altro verso, garantisce le imprese stabilendo una cornice normativa che impedisce la concorrenza sleale e il dumping sociale interno. C’è un problema in più. La decisione della Fiat non prevede solo unmutamento in peggio delle condizionidi lavoro,ma viola in maniera plateale il principio della libertà sindacale pretendendo di applicare l’art. 19 dello Statuto dei lavoratori come se questo non fosse una norma di sostegno alla libertà sindacale, ma il suo contrario, vale a dire una norma di asservimento secondo il diktat: «O firmi l’accordo o perdi i diritti sindacali». Interpretazione con evidenza aberrante, che giustamente è stata contestata dal Tribunale di Torino.

A questo punto si impone una duplice iniziativa. I sindacati, dismettendo le reciproche faziosità, dovrebbero sottoporre alla Fiat una piattaforma unitaria in ordine alla definizione del sistema di relazioni e alla regolazione dei rapporti di lavoro, partendo dalla lettera e dallo spirito dell’accordo interconfederale del 28 giugno. Il governo dovrebbe fare un passo politico: anzitutto convocare la Fiat e chiederle che cosa vuole fare esattamente in Italia. Quindi andrebbero adottate due semplici interventi legislativi. Il primo consiste in una pura e semplice abrogazione dell’art. 8 della legge n. 148/2011: osservo che unanorma identica era stata prevista di recente in Brasile, già approvata da una della Camere, e poi ritirata, anche grazie all’iniziativa del presidente Lula. Se lo fanno in Brasile...

La seconda iniziativa legislativa consisterebbe nell’aggiungere all’art.19 dello Statuto dei lavoratori una lettera b), in cui si dice «nonché dei sindacati che nell’azienda hanno il 5% degli iscritti ovvero il 5% dei voti nella elezione delle rappresentanze sindacali unitarie». Tanto per chiarire che quella norma è nata per sostenere la libertà e
l’autonomiadei sindacati e non per renderli oggetto del potere imprenditoriale

fonte: L'Unità ed. 29/11/2011


TAGS:
lavoro |  luigi mariucci |  governo |  fiat |  accordo |  sindacati  | 

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