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Un buon accordo, finalmente!

29 giugno 2011

Pubblicato in: Dichiarazioni

L'accordo interconfederale siglato il 28 giugno merita una valutazione nettamente positiva. Intanto perché è unitario e pone fine a una annosa e autodistruttiva disputa tra i sindacati sulle regole più elementari in materia di rappresentanza ed efficacia dei contratti. Ovvio poi è il rilievo politico in una fase in cui a fronte delle drammatiche difficoltà economiche e finanziarie agisce  ancora un agonizzante governo delle destre.

Ad una prima osservazione quattro mi paiono i punti più rilevanti. Intanto il ripristino di una regola di fondo del sistema contrattuale: la funzione normativa generale viene riconfermata in capo al contratto nazionale, mentre alla contrattazione aziendale spettano funzioni integrative e modificative solo in determinati casi, secondo le procedure stabilite dagli stessi contratti nazionali. Viene quindi respinta l'ipotesi dei contratti aziendali sostitutivi, "fai da te". In questo senso non c'è nessuna sanatoria della vicenda Fiat.

In secondo luogo è di cruciale rilevanza il rilancio delle rappresentanze sindacali unitarie, elette da tutti i lavoratori. Intanto perché i voti delle rsu sono valutati ai fini della certificazione della rappresentatività dei soggetti negoziali, in mix con il numero degli iscritti. Ma soprattutto perché è alla maggioranza delle rsu, vale a dire delle rappresentanze elettive, che viene attribuita la titolarità a stipulare contratti aziendali con efficacia generale. Con ciò si compie una scelta in evidente sintonia con la seconda parte dell'art.39 cost., il quale riferisce appunto alle "rappresentanze unitarie" la stipulazione di contratti con efficacia erga omnes: il che costituisce tema decisivo se e quando si porrà il problema di una eventuale recezione in legge dell'accordo.

In terzo luogo del tutto condivisibile è la  scelta effettuata in tema di referendum: il referendum nel caso dei contratti aziendali è giustamente previsto non in funzione confermativa, ovvero plebiscitaria, ma in funzione abrogativa, con iniziativa attribuita ai sindacati rappresentativi dissenzienti o a una percentuale significativa di lavoratori. Sulla correttezza di questa scelta dovrebbe riflettere la Fiom, proprio in relazione alla vicenda Fiat, nel corso della quale la stessa Fiom aveva dichiarato la "illegittimità" di quei referendum. Che senso ha chiedere ai lavoratori "o accetti il contratto o perdi il posto di lavoro?". Quanti contratti, da sempre, contengono aspetti "concessivi"  della cui legittimità si potrebbe discutere? Sacrosanta è quindi la scelta di radicare l'iniziativa referendaria sul "diritto al dissenso" e non sulla ricerca di consenso, di sapore plebiscitario, da parte degli stessi stipulanti.

Infine c'è un ultimo punto da segnalare, che chi scrive considera prezioso: la c.d. "clausola di tregua", ovvero l'impegno a non scioperare per determinati periodi ovvero a seguito della sottoscrizione di un contratto, è riferita ai sindacati, alla loro responsabilità contrattuale, e non ai singoli lavoratori, come qualche commentatore aveva ipotizzato in relazione a una discussa clausola degli accordi Fiat. Sul piano individuale il diritto di sciopero resta indisponibile: è questo è di certo un valore strategico. Questo mi fa dire, ad una prima osservazione, che si tratta davvero, con i tempi che corrono, di un buon accordo che aprirà una nuova fase della relazioni sindacali.

Luigi Mariucci


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