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Partito Democratico - Emilia-Romagna
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Un'occasionne per guardare avanti. Un'occasione da non perdere

16 marzo 2011

Pubblicato in: Attualità

Il discorso del presidente del Gruppo PD all'Assemblea Legislativa dell'Emilia-Romagna, Marco Monari, in occasione della seduta solenne per le celebrazioni del 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia.

"150° dell'Italia Unita. Sono occasioni straordinarie, queste, per guardare indietro, alla nostra storia. Non sembrerebbero tanti, 150 anni, per noi italiani che quando pensiamo a noi stessi andiamo tanto indietro nel tempo, almeno fino alla civiltà romana, da cui la nostra regione prende ambedue i nomi.

Per noi che sentiamo che era già Italia quella dei monasteri, di Ravenna ed Aquileia, quella di Giotto e Masaccio, quella di Dante e di Petrarca, l'Italia del Rinascimento, del Barocco, del melodramma.

Ma sbaglieremmo gravemente se sottovalutassimo l'importanza che ha avuto per noi la creazione, sia pure così tardiva rispetto ad altre nazioni europee, dell'Italia come stato nazionale, della nostra unificazione politica e istituzionale. Noi non saremmo una delle nazioni più importanti del mondo senza questo passaggio fondamentale; noi non saremmo stati fin dagli inizi fra gli artefici principali della Unione Europea senza partire dall'essere stato nazionale, autonomo, sovrano; noi non saremmo un popolo sicuro e rispettato, a casa e all'estero, senza la forza pacifica delle nostre istituzioni.

Certo, non ci nascondiamo il travaglio e le tragedie di questo ultimo secolo e mezzo: la difficoltà dello stato liberale di includere le masse popolari, la lentezza nella affermazione del suffragio universale, la stagione illiberale e guerrafondaia del fascismo, una guerra a fianco di Hitler per la quale l'Italia non si è ancora vergognata abbastanza, la irrisolta questione dell'integrazione fra nord e sud.

D'altra parte, gli anniversari non servono a vuote celebrazioni. Servono a diffondere la cultura e la verità storica. Orgoglio nazionale e severa consapevolezza dei problemi del passato e del presente non sono in contraddizione, ma questa alimenta quello. Noi siamo fieri di essere italiani non per tronfia vanità, non per ignoranza dei problemi anche gravi della nostra storia e del nostro spirito pubblico; ma perché abbiamo sempre saputo risorgere dalle tragedie e contrastare errori e guasti della nostra realtà. Una storia con i suoi momenti gloriosi, primi fra tutti la Liberazione dal nazifascismo e la nascita della Repubblica democratica, con il voto alle donne, e la Costituzione come patto per il futuro.

Ecco perché questo 150° dell'Italia Unita è prima di tutto una occasione straordinaria per guardare avanti. Una occasione da non perdere.

Una prima riflessione riguarda proprio noi, come Regione. Non c'è dubbio che, con il rafforzamento dell'Unione Europea e la nascita delle regioni, il ruolo degli stati nazionali è destinato a cambiare, sta già cambiando. Regioni ed Unione Europea non possono essere solo due livelli istituzionali aggiuntivi rispetto a Comuni (con le circoscrizioni), Province, Stato. Non possiamo pensare che sei livelli istituzionali possano essere davvero un unico cosmo al servizio dei cittadini se non si aggiorna continuamente, secondo il principio di sussidiarietà, la loro divisione del lavoro, di ruoli e competenze.

Tutto ci mostra che l'Europa deve sempre più assumere corpo e realtà politica, lo dico senza nascondermi timidezze e persino arretramenti. In questa Europa le Regioni dovranno assumere un ruolo crescente, dialogando direttamente con Bruxelles su tante materie. Ecco, non dobbiamo scordare, noi Italiani, che dobbiamo partecipare a questo processo impegnandoci in due direzioni: quella di uno stato nazionale con meno competenze e perciò più snello, efficiente, funzionale e, per questa via, non meno utile; ma anche nel quale meno amministrazione dà spazio a più politica, dialogo, cultura; e quello di regioni che non si sovrappongono alle città ma sanno portare a sintesi le loro istanze, con le città si compongono a formare sistemi regionali di città.

Proprio noi, proprio l'Italia, con la sua tradizione di municipalismi spinta fino al particolarismo, può dare un contributo originale alla creazione di canali di partecipazione che non facciano sentire le istituzioni continentali lontane come tante volte abbiamo sentito lontano lo stato nazionale.

Qui, in Emilia-Romagna, possiamo fare come al solito la nostra parte, con l'atteggiamento costruttivo, moderatamente audace che ci è proprio. Del resto, nell'Italia unita anche il nostro territorio supera la suddivisione del Congresso di Vienna, e dunque non è poi tanto che siamo liberi dai confini che ci dividevano.

La seconda riflessione riguarda il ruolo che l'Emilia-Romagna può giocare nella ripresa di una strategia meridionalistica. Siamo una delle regioni più floride d'Europa, ma conosciamo bene le problematiche che inquietano la Valle Padana. Al tempo stesso siamo la regione della solidarietà.

Noi sappiamo bene  che una parte della ricchezza prodotta in Emilia-Romagna dovrà ancora essere destinata al sostegno dello sviluppo dei territori che hanno continuato a perdere terreno nei 150 anni dello stato unitario ed anche nei 65 della storia repubblicana.

Su questo non abbiamo dubbi e non abbiamo resistenze!

E però io credo che dobbiamo pretendere che la determinazione di questa quota sia controllabile e trasparente attraverso un confronto aperto tra regioni, governo e parlamento.

Mettiamo dunque a disposizione ciò che è indispensabile per garantire a tutti i cittadini italiani la disponibilità dei diritti fondamentali ma diciamo anche basta all'assistenzialismo. Non vogliamo che la solidarietà sia messa al servizio di ceti politici clientelari quando non corrotti o addirittura collusi con la criminalità organizzata.

Ecco, in questa chiave, credo che festeggiando i nostri 150 anni dobbiamo prendere l'impegno di ripensare e rilanciare l'azione meridionalista, per dare energia alle forze produttive del nostro Mezzogiorno e all'intero sistema italiano, per giungere infine all'unità sociale ed economica di tutto il Paese".

Marco Monari



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