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Partito Democratico - Emilia-Romagna
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Università: “è ora di dire basta ai tagli al sistema pubblico di istruzione”

28 luglio 2010

Pubblicato in: Dichiarazioni

Questa la dichiarazione di Simona Caselli:

"Sono francamente inaccettabili le dichiarazioni del Ministro Gelmini che definisce "indecorose" le proteste degli universitari sul Decreto in discussione al Senato. Le proteste in atto nelle università italiane si stanno svolgendo in forma civile ed in base diritto costituzionale all'espressione del dissenso che sempre più di frequente purtroppo sembra essere messo in discussione. Sono proteste giuste perché si oppongono al disegno di destrutturazione dell'istruzione pubblica che ha già fortemente colpito l'offerta formativa del ciclo dell'obbligo e delle superiori e che, con forti  tagli progressivi,  indebolisce fino allo sfinimento scuole ed atenei. L'obiettivo, tutto politico, di questa strategia è quello di favorire lo spostamento verso l'offerta formativa privata, a pagamento, riservata solo a coloro che potranno permetterselo, con buona pace della mobilità sociale e del principio costituzionale volto a favorire l'istruzione dei capaci e dei meritevoli a prescindere dalla loro condizione sociale.

Si contesta che a pagare la protesta sarebbero gli studenti; in realtà gli studenti non sono vittime della protesta di chi cerca di mantenere un sostegno finanziario all'università di livello europeo, ma di chi sta affossando a forza di tagli l'Università e la ricerca che sono il futuro del Paese. Tra l'altro i ricercatori universitari che protestano minacciando la sospensione dell'attività didattica sono coloro che, pur non essendo tenuti per legge ad insegnare, stanno consentendo da anni di tenere in piedi i corsi (per il 30% degli insegnamenti) senza avere riconoscimenti né in termini di status né in termini di retribuzione. La cosiddetta riforma Gelmini si dimentica completamente di loro lasciandoli in una posizione indefinita, non razionalizza l'offerta formativa e prefigura un futuro di massiccio utilizzo di ricercatori precari con contratti a tempo determinato.
Al di là delle dichiarazioni roboanti e degli slogan, chiunque abbia letto la riforma constata che i cosiddetti "baroni" non sono minimamente toccati dalle nuove norme e che la giusta enfasi sul merito, che dovrebbe essere l'unico sacrosanto criterio di carriera, non trova applicazioni particolarmente chiare.

Infine c'è una bella differenza tra il combattere le inefficienze e gli sprechi (azione doverosa con la quale il PD concorda) e disinvestire massicciamente dal sistema universitario pubblico; così come non è accettabile che si faccia di tutta l'erba un fascio descrivendo l'università italiana come un luogo di consorterie, sprechi, fannulloni: in un Paese serio non si attaccano intere categorie ma si colpiscono, caso per caso,  i profittatori e gli incapaci.  
Il nostro è un Paese che non ha materie prime; il suo sviluppo dipende dalla capacità di trasformare e di creare prodotti innovativi ed ha quindi un enorme bisogno di ricerca e di tenersi stretti i propri cervelli migliori. Con questa riforma il Paese rischia un danno duraturo e durissimo; per questo bisogna contrastarla con decisione".


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