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Partito Democratico - Emilia-Romagna
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Appennino, Green Economy ed Emilia-Romagna

24 marzo 2010


Allegati 1 - Nota dell'onorevole Alessandro Bratti sull'Appennino e la Green Economy

Nota di sintesi dell’onorevole Alessandro Bratti

-    La prospettiva della Green Economy è un’opportunità storica per l’Appennino emiliano e romagnolo che può ricollocarsi da “risorsa passiva” a fattore strategico di innovazione e competitività della Regione (attualmente, dopo un secolo di sviluppo manifatturiero, meccanizzazione ed industrializzazione dell’agricoltura, l’Appennino con il 40% del territorio contribuisce solo per l’8% al valore aggiunto dell’Emilia-Romagna. E’ la percentuale più bassa tra le regioni italiane.)
-    L’Appennino dispone in misura maggiore di altri territori di risorse naturali e beni comuni materiali e immateriali – aria, acqua, suolo, sole, vento, boschi, paesaggio, prodotti tipici, insediamenti storici, multi stagionalità, ecc.ecc. – che definiscono una potenzialità concreta e una vocazione “naturale” all’economia verde.
-    Di fronte alla sfida della Green Economy risultano invece  ancora scarsi (e dunque sono da potenziare) altri fattori: cultura d’impresa orientata all’innovazione, risorse umane capaci e motivate, piena e diffusa disponibilità delle migliori tecnologie dell’informazione (fibra ottica), governante unitaria fondata su coesione e concertazione e selezione delle risorse pubbliche in funzioni di progetti capaci di futuro e competitività. Queste risorse scarse in Appennino sono invece largamente presenti in ambito regionale e l’appartenenza alla regione Emilia-Romagna può e deve favorirne la costruzione e la messa in opera.
-    Energia, agricoltura, turismo e Parchi sono i tematismi attorno a cui promuovere in modo integrato innovazione di prodotto e di processo, nuovi modelli di impresa, di cooperazione, di consorzio e di concertazione, per la messa in valore di comuni risorse territoriali inutilizzate e la riconversione innovativa di risorse utilizzate in forme economiche tradizionali.
-    Energia. Nel quadro delle norme degli incentivi di settore l’Appennino può puntare all’autosufficienza energetica nell’arco di pochi anni e in prospettiva a produrre energia aggiuntiva per il mercato. Ci sono consistenti spazi di produzione aggiuntiva di energia rinnovabile nel mini-idro, nell’eolico (anche micro), nel solare termico e fotovoltaico, nello sfruttamento delle biomasse di risulta delle attività agricole e forestali.  Ci sono –naturalmente – anche margini di miglioramento del risparmio e dell’efficienza di consumi a partire dalla bio-edilizia. Attori di un’azione sul territorio possono essere ENEL, ENIA,alcune piccole imprese del settore elettrico energetico e dell’edilizia.  Attori di una micro auto produzione diffusa possono essere una quantità notevolissima di imprese artigianali agricole e commerciali e persino di famiglie. La governance pubblica deve farsi carico della compatibilità e qualità ambientale e paesaggistica delle attività di produzione delle energie rinnovabili. Al tempo stesso date le competenze e i poteri diretti in materia di beni pubblici, i comuni possono essere altresì attori e imprenditori diretti o indiretti di nuovi businnes.
-    L’agricoltura è detentrice di produzioni di eccellenza (esempio Parmigiano Reggiano), elevati know how , processi produttivi fondati sulla naturalità, un grande capitale di paesaggio. Ciò definisce un valore che va oltre il prezzo commerciale standard dei prodotti.  La “diversità” dell’agricoltura d’Appennino (maggiori costi) può essere remunerata in modo non assistenziale solo con la capacità di commerciare in modo sinergico prodotto e territorio. Dopo 50 anni il progresso nel segno della concentrazione e della meccanizzazione d’ impresa agricola d’Appennino ha il suo futuro nella istintività e nei servizi complementari. Le politiche pubbliche (PSR in primis) devono sostenere prioritariamente nuovi modelli di imprenditore e d’impresa, singoli e associati (latterie). la nuova impresa agricola può sviluppare al proprio interno o a latere servizi turistici, commerciali ambientali e culturali. Deve assumere e farsi remunerare azioni di tutela idrogeologica, azioni di conservazione e ricostruzione del paesaggio, auto produzione di energia rinnovabile. Deve ovviamente - in questa prospettiva – impiegare nuove risorse umane, giovani ad alta qualificazione e ricorrere a finanziamenti e sostegni anche oltre il ristretto ambito dell’agricoltura e della forestazione.  
-    Turismo. Parchi nazionali e regionali, Parmigiano Reggiano, Terre Matildiche e altri sono marche di valore già disponibili per vasti territori dell’Appennino che hanno le condizioni per diventare distretti di moderno turismo sostenibile 365 giorni l’anno. Attualmente il turismo di appennino appare decisamente al di sotto delle potenzialità (salvo eccezioni come l’area del Cimone e poche altre) perché ancora a metà del guado tra la vecchia villeggiatura – ormai estinta – il turismo del ritorno estivo e festivo di persone con origini e radici in Appennino (quasi una semi residenza) e i “nuovi turismi”. I nuovi turismi della natura, dell’escursionismo estivo e invernale, dei prodotti (funghi, castagne) dei sapori e colori d’autunno, dell’enogastronomia, del cicloturismo, dell’ippoturismo e del motociclismo e degli sport in genere, della caccia e della pesca, della cultura, della riabilitazione, dei week end per famiglie si affacciano spontaneamente sul territorio e dimostrano potenzialità di crescita, pure nel contesto di un offerta e di strutture ancora prevalentemente orientate a un’idea generica ed obsoleta del turismo e talora al semplice autoconsumo(folclore e non impresa) dei valori del territorio. C’è altresì una buona propensione dei giovani al lavoro nell’impresa del turismo e un’ulteriore grande potenzialità (favorita dalla rete internet) nel contatto con intere generazione di emigrati dall’appennino che possono essere protagonisti e target esclusivo e un turismo delle radici che può essere proposto in ambito nazionale e anche internazionale.
-    Parchi. I parchi sono per vocazione e per missione istituzionale dei laboratori di innovazione e di Green Economy .Per l’Appennino emiliano-romagnolo e tosco-emiliano la costruzione di una rete di parchi rappresenta di per sé una ricchezza in quanto connotazione di qualità territoriale (marketing) , promotori di innovazione culturale, attrattori di nuovi circuiti economici e di impresa fondati sul valore dell’ambiente. Tuttavia fino ad oggi in Emilia-Romagna i Parchi che coprono una quota significativa della superficie regionale, obbiettivamente hanno svolto una funzione piuttosto passiva, di testimonianza e compensazione rispetto allo sviluppo intensivo della via Emilia. Tuttavia in appennino e nell’insieme Emilia-Romagna, i Parchi, dopo la fase compiuta della loro costruzione anche per sottrarsi al rischio dell’autoreferenza e frantumazione devono diventare oggetto e soggetto di politiche di sistema capaci di integrarli per aree omogenee e connesse e capaci altresì di integrare i loro programmi con le politiche territoriali dell’Appennino e del Po, con le politiche di settore nel campo dell’agricoltura multifunzionale, dei nuovi turismi, dell’enogastronomia dei beni culturali e del paesaggio. Alcune di queste integrazioni stanno prendendo forma nei progetti dei Parchi di Mare e d’appennino, tra l’Emilia, il Mar Ligure e il Tirreno e in un’analoga aggregazione tra Foreste Casentinesi, Costa adriatica e Delta del Po. Un’ulteriore azione di sistema trasversale a tutto l’Appennino  sta prendendo il via con il progetto dell’Alta Via dei Parchi.  Naturali catalizzatori di innovazione, nell’ambito di programmi di sistema e di Area Vasta, i Parchi possono essere volano  di una reinterpretazione delle vocazioni del territorio, editori di opportunità e di esperienze di eccellenza e addirittura di nuovi Made in Italy, luoghi di creazione di lavori con appeal presso i giovani in Appennino. Anche comparti economici tradizionali e consistenti della regione, che appaiono maturi e a rischio di declino (turismo della costa, parmigiano reggiano e stazioni sciistiche dell’Appennino) possono trarre dall’integrazione con l’offerta rappresentata dai parchi nuovi tratti di qualità e nuove linee di crescita. Indispensabile è la concertazione diffusa con enti locali e operatori privati e altresì l’inserimento a pieno titolo dei Parchi tra i soggetti e gli oggetti della programmazione regionale, dalla gestione dei piani di sviluppo rurale ai fondi europei per l’ambiente e la cultura.



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